TEREZÍN – THERESIENSTADT
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Il Bello non è che il principio dell’atroce
(Rainer Maria Rilke)
Io chiusa qui da filo spinato e lassù La bianca nuvola che verso casa va. Io qui chiusa da reticolati e poi sarò Una bianca nuvola che a casa tornerà. (Canti del Lager – Auschwitz ’45) |
Dieci anni fa esatti uscì un cd che, anche oggi a dieci anni di distanza, suscita un grande interesse sia per il contenuto sia per la sua importanza storica e, non ultimo, per la caratura artistica degli interpreti.
Si tratta di ventuno brani liederistici e una Sonata per violino-solo in quattro tempi accomunati dal fatto di essere stati tutti scritti da compositori ebrei di varia nazionalità che persero la vita eccettuato uno) nei lager nazisti – principalmente Auschwitz – dopo essere passati per il campo di concentramento di Terezín, nella Repubblica Ceca, in tedesco Theresienstadt (per maggiori informazioni cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Theresienstadt).
Il “ghetto-modello” di Theresienstadt fu un campo di concentramento ipocritamente e perversamente “agevolato”. Nelle intenzioni propagandistiche dei nazisti esso doveva presentarsi al mondo come una accogliente cittadina in cui ebrei di tutte le nazionalità conducevano una vita artistica normale e vitale. Parzialmente amministrata da un consiglio ebraico, la sua struttura presentava una Organizzazione per il tempo libero (Freizeitgestaltung) nell’ambito della quale avevano luogo teatro e seminari di studio, opere, cicli di conferenze e concerti di musica da camera, esibizioni di orchestre, corali, di un complesso jazz e persino cabaret. Rimase in funzione dal febbraio 1942 all’ottobre 1944.
Tutto vero e tutto ben organizzato. Peccato che Theresienstadt fosse l’anticamera di Auschwitz o di Mathausen sia per i compositori, sia per i musicisti sia per gli ascoltatori.
Furono organizzati un numero incredibile di concerti, alcuni dei quali ripetuti decine di volte, con un ventaglio di opere che spaziava dalla musica rinascimentale alla musica contemporanea.
L’organizzazione poté contare su almeno otto pianisti famosi, sette direttori d’orchestra (tra cui Karel Ancerl, che per fortuna riuscì a sfuggire all’Olocausto), e una decina di compositori. Certi musicisti passavano da un’orchestra a un’altra, dai classici al complesso jazz dei “Ghetto Swingers”, per poi svanire nel nulla. Famoso è l’episodio delle esecuzioni del Requiem di Verdi. Su richiesta dei carcerieri nazisti il direttore d’orchestra Rafael Schachter aveva raccolto un coro di centocinquanta persone. All’indomani della rappresentazione del 6 settembre 1943 essi furono tutti spediti ad Auschwitz. Schachter ricompose un secondo coro, che, dopo aver eseguito il Requiem, fu anch’esso eliminato. Con il suo terzo coro – di sole sessanta persone – Schachter replicò il lavoro per quindici concerti.
Ciò che stupisce è la straordinaria creatività della decina di compositori che soggiornò nel campo. Alcuni, già professionisti da tempo, continuarono la loro carriera con composizioni straordinarie, altri, debuttanti di talento, poterono comporre solo poche opere avendo stroncata sul nascere quella che in altre circostanze avrebbe potuto essere una brillante carriera musicale.
Tornando infatti al cd oggetto di questa nota, si tratta di musiche scritte da compositori noti o meno noti in prossimità della loro fine terrena, pienamente coscienti che quelle composizioni sarebbero state le loro opera ultima, una sorta di testamento spirituale e artistico a compimento della loro vita. La coscienza della loro prossima fine, come vedremo, non porterà necessariamente soltanto a musiche dolenti e malinconiche, ma talvolta anche a composizioni dolcemente serene o addirittura briose.
ILSE WEBER, nata nel 1903 a Vítkovice fu una scrittrice ceca che dedicò la sua opera soprattutto a canzoni e pezzi teatrali per bambini ebrei. Musicista per caso e autodidatta, condusse una vita tranquilla a Praga con il marito Willi Weber, finchè nel febbraio 1942 furono deportati a Terezín, dove scrisse una sessantina di poemi musicandone una buona parte con melodie semplici e orecchiabili.
Quando il marito fu deportato ad Auschwitz, ella con il figlio piccolo (avevano potuto trarre in salvo il maggiore avviandolo in Svezia prima della guerra) volle seguirlo, ma appena arrivati nel famigerato campo di concentramento furono mandati (lei ed il piccolo) nella camera a gas. Il marito, salvatosi, le sopravvisse di trenta anni.
Nel cd sono presenti quattro canzoni che Ilse Weber scrisse durante il periodo di prigionia, “Io vado errando per Theresienstadt”, “Addio, amico mio”, “E cade lenta la pioggia”, “Ninna nanna”.
Nella prima c’è tutta l’angoscia per la situazione presente e l’assenza di futuro.
Io vado errando per Theresienstadt,
col cuore pesante come piombo.
Fino a quando il mio cammino si interrompe
Proprio ai piedi del bastione.
Là rimango nei pressi del ponte
E guardo verso la vallata:
vorrei tanto andare lontano,
e ritornare a casa mia!
Casa mia! — che meravigliosa parola,
che tanto mi pesa sul cuore.
La casa, me l’hanno tolta
E ormai non ne ho più nessuna.
Io vado errando rassegnata e triste,
oh, quanto tutto questo mi pesa:
Theresienstadt, Theresienstadt
quando il nostro soffrire terminerà,
quando riavremo la libertà?
Il poetare semplice e leggero è accompagnato da una musica altrettanto dolce e misurata, velata comunque da una nota malinconica di stampo tipicamente schubertiano.
La straordinaria voce del mezzo soprano Anne Sofie von Otter compie il miracolo di rivestire il brano di una valenza artistica che probabilmente esso non avrebbe, considerato nella sua sostanza.
Il secondo autore che ci viene presentato è KAREL ŠVENK, un attore, scrittore, cantautore ceco nato nel 1917 a Praga e deceduto il 1 aprile 1945. Frequentò le avanguardie artistiche della prima metà del ‘900 in Cecoslovacchia e fu uno dei primi ad essere deportato a Terezín il 24 novembre 1941. Nel campo egli riuscì a coagulare intorno a sé altri artisti dando origine ad una delle attività culturali – il cabaret nella fattispecie – che si svolsero, nonostante tutto, in questo lager. Non bisogna dimenticare infatti che Terezín, nelle intenzioni propagandistiche dei nazisti, doveva essere presentato al mondo come un campo di raccolta di ebrei provenienti da diverse nazioni, e quindi furono sollecitate in esso diverse manifestazioni culturali, come abbiamo visto prima, permettendo anche agli artisti in esso convenuti (ma in concreto deportati) di comporre musica, organizzare spettacoli teatrali per bambini ecc. Artisti e bambini che poi venivano regolarmente avviati ad altre località adibite esplicitamente a campi di sterminio come Aushwitz. Anche Švenk morì in un carro bestiame mentre veniva portato a Mathausen. Di questo autore il cd presenta due canzoni in lingua ceca, tipiche produzioni da cabaret, un tango ed una marcia – la “marcia di Terezín”, che fu l’inno segreto dei deportati in questa località. Un inno sostanzialmente ottimistico in cui si esprimeva il dolore del presente ma anche la speranza (purtroppo vana, come abbiamo visto) nel futuro.
Tutto passa, se lo vogliamo,
uniti ci aiuteremo l’un l’altro.
A dispetto dei tempi crudeli
sono briosi i nostri cuori.
Ogni giorno procediamo insieme,
avanti e indietro,
e scriviamo lettere solo con trenta parole.
Ehi! Domani la vita ricomincia,
e con essa si avvicina il tempo
in cui rifaremo i nostri zaini
e ritorneremo a casa.
Tutto passa, se lo vogliamo,
uniti ci aiuteremo l’un l’altro
e rideremo sulle rovine del ghetto.
Di ADOLF STRAUSS (1902-1944) ebreo cecoslovacco che ebbe lo stesso destino di Ilse Weber, trasferito ad Auschwitz dove fu eliminato, il cd presenta “Io so per certo che ti rivedrò ancora!”, una canzone su versi di Ludwig Hift (1899 – 1981), ebreo austriaco, funzionario di banca a Vienna, che fu rinchiuso a Theresienstadt ma che scampò all’Olocausto. E’ un lied pieno di speranza nel futuro, in cui l’amore vincerà sul destino iniquo “che ci tiene lontani”, un futuro in cui “ seppelliremo il passato, e lo dimenticheremo, nessuna ombra oscurerà la luce del sole; chi potrà misurare la nostra felicità? E per sempre ti resterò accanto.”
Questo forzato ottimismo è presente anche nel pezzo successivo, una composizione di autore anonimo sulla melodia di un brano (“Komm mit nach Varasdin”) contenuto nell’operetta “Gräfin Mariza” (1924) del compositore ungherese Emmerich Kálmán (1882-1953). Sulla base di una musichetta allegra, anche le parole volano leggere quasi a voler dimenticare forzatamente l’angoscia che il luogo ispira. E si parla di belle donne, di knodel alla crema, di prendere la vita facilmente: è inutile pensare agli orrori di quel luogo.
MARTIN ROMAN nato nel 1913 a Berlino e deceduto nel 1996 è stato un pianista jazz tedesco, e come si vede dall’anno della morte fu l’unico musicista presente in questo disco a non finire la propria esistenza nelle camere a gas naziste.
Martin Roman faceva parte della band del violinista Marek Weber. Già nel 1933 i nazisti avevano proibito ed impedito al gruppo di esibirsi in pubblico. Quasi tutti i membri fuggirono all’estero e Roman scappò in Olanda, ma lì fu catturato dopo l’occupazione del paese. Rinchiuso a Theresienstadt, anche lui – come tanti altri – fu costretto a partecipare alla farsa propagandistica della produzione di un film intitolato “Il Führer dona una città agli ebrei”. La città avrebbe dovuto essere proprio Theresienstadt! La cosa più oltraggiosa di questa produzione fu costituita dall’obbligo imposto ad un attore tedesco ebreo, Kurt Gerron, di curare la regia del film dietro la promessa che sarebbe stato liberato. Terminato il film egli fu mandato ad Auschwitz dove morì in una camera a gas.
Tornando a Roman (che appariva in questo film come leader di un complesso, i Ghetto Swingers), nel cd è presente una sua composizione su testo di Manfred Greiffenhagen, anch’egli ebreo tedesco, berlinese, autore di cabaret, anch’egli imprigionato a Terezín, prima di essere mandato a Dachau, dove morì nel gennaio 1945.
Il titolo della composizione è “Karussell” : la giostra con i cavalli di legno ove girano festanti i bambini è la metafora della vita, una vita che è “uno strano viaggio – un viaggio senza una mèta”.
Gioia e malinconia si mescolano in questa bella canzone che ha un accompagnamento pianistico molto “swingato” tipico delle radici jazzistiche del suo compositore.
HANS KRÁSA (1899 – 17 Ottobre 1944) fu un compositore ebreo di origine ceca, che al contrario di Roman, ebbe una solida cultura classica. Fin da piccolo studiò piano e violino e successivamente composizione all’Accademia musicale tedesca di Praga, dove conobbe Alexander Zemlinsky, che lo portò con sé a Berlino, dove conobbe Albert Roussel, rimanendo profondamente influenzato dall’esperienza francese dei Les Six, anche se sostanzialmente i suoi numi tutelari, oltre a Zemlinsky, furono Mahler e Schönberg. Diventò compositore di un certo successo, ben conosciuto in tutto il mondo mitteleuropeo, finchè non fu arrestato dai nazisti il 10 agosto 1942 e rinchiuso a Terezín, Qui, tuttavia, poté e volle continuare a comporre, rielaborando la sua opera per bambini Brundibar, che fu rappresentata decine di volte nel ghetto, oltre a diverse opere di musica da camera e ad alcuni lieder. Fu infine deportato ad Auschwitz dove morì.
Il cd ci presenta proprio i suoi ultimi lieder: le “Tre canzoni per baritono, clarinetto, viola e violoncello su testi di Arthur Rimbaud op.81” composti nel 1943.
Le tre poesie di Rimbaud si intitolano “Quartina”, “Sensazione” e “Gli amici”:
Particolarmente significativa è la seconda lirica, che evoca tutto un mondo ben lontano dalla tragicità del campo di concentramento, quasi un anelito a ritrovare con il pensiero e l’immaginazione, istanti perduti per sempre.
Nelle sere azzurre d’estate andrò per i sentieri,
pizzicato dal grano, a calpestare l’erba tenera:
come in sogno ne sentirò il fresco nei piedi.
Lascerò che il vento bagni la mia testa nuda.
Non dirò nulla, non penserò a niente:
ma l’amore che non ha fine mi riempirà l’anima,
e andrò lontano, molto lontano, come un vagabondo
attraverso la Natura, felice come quando si sta con una donna.
L’accompagnamento musicale segue quasi con sgomento questa successione di desideri, di “sensazioni”, che non si realizzeranno mai.
CARLO SIGMUND TAUBE (1897 – 11 ottobre 1944) fu un pianista, compositore e direttore d’orchestra di origine galiziana che aveva studiato a Vienna con Busoni, ma che successivamente aveva solo suonato in occasioni più frivole (caffè, ecc.). Imprigionato con moglie e figlio a Terezín nel 1942, fu successivamente deportato ad Auschwitz. Il brano presentato nel cd per soprano e piano è intitolato Ein Jüdisches Kind (Un bambino ebreo, 1942), una commovente canzone in cui i genitori esprimono l’amore per il proprio bambino a cui non sono in grado di assicurare una casa.
E’ l’unica composizione di Taube ad essere sopravvissuta.
Tu sei un bambino come tutti gli altri
che vivono sulla nostra terra,
come tutti i tuoi fratelli e sorelle,
ma tuttavia tu hai un destino diverso:
tu sei un bambino senza casa,
tu sei uno straniero dovunque –
finché queste parole saranno le tue:
senza casa, il tuo cuore è ovunque.
La mancanza di casa, della patria, il senso di straniamento (lo Heimat) sono dunque i motivi ricorrenti di queste dolenti canzoni, come abbiamo visto per Ilse Weber, Adolf Strauss ecc.
E con questo arriviamo a quello che probabilmente fu l’artista (o senz’altro tra gli artisti) più dotato tra quelli che frequentarono Terezín.
VIKTOR ULLMANN (1898 – 18 Ottobre1944) di origine ceca, ma ebreo assimilato tedesco (come Kafka e Mahler, solo per citare un paio di artisti) fu discepolo di Schönberg e di Alois Haba a Vienna e successivamente di Zemlinsky a Praga. Amico di Alban Berg fu ottimo pianista ma divenne famoso come compositore ben prima del suo internamento a Terezín l’8 settembre 1942. Qui tuttavia scrisse la maggior parte delle opere rimasteci. Paradossalmente la maggior parte delle 41 opere scritte prima del periodo di prigionia sono andate perdute. Durante l’internamento a Terezín fu infatti estremamente prolifico: in venticinque mesi di prigionia produrrà altrettanti lavori, di cui ben ventitré fortunatamente sopravvissuti all’Olocausto. Composizioni di ogni genere: tre composizioni per pianoforte, un quartetto d’archi, numerosi cicli vocali, romanze da camera, un melologo (Il canto d’amore e di morte dell’Alfiere Christoph Rilke) e l’opera L’imperatore di Atlantide, o L’abdicazione della Morte.
Ullmann si avvale di testi dei più grandi poeti della cultura germanica, da Trakl a Rilke, e i suoi Lieder derivano in linea retta dalla scrittura mahleriana. La sua opera eredita la grande tradizione musicale tedesca costellandola di citazioni da Bach a Brahms, da Haydn a Mahler, Suk e Dvorak.
Il cd propone ben quattro lieder, tra cui tre dei Sei Sonetti op.34 su testi di Louïze Labé (poetessa francese del ‘500). Ma tutta la sua produzione musicale meriterebbe di essere ascoltata e studiata attentamente. Su questo si tornerà in seguito.
PAVEL HAAS (1899 – 17 Ottobre 1944) fu l’ennesimo compositore di origine ceca ad essere internato a Terezín e successivamente ucciso a Auschwitz-Birkenau. Haas giunse a Terezín in uno stato di salute precario e le miserevoli condizioni di vita nel campo accentuarono le sue crisi depressive, rendendolo assolutamente indifferente verso la pur ricca vita musicale del campo stesso. Egli era già un compositore maturo e riconosciuto, ma con un difetto ben preciso: la frequente incapacità di terminare il lavoro avviato. Cominciò molte partiture impegnative, manifestando una forte affinità con il Romanticimo tedesco, ma anche (e soprattutto) Janacek, ma la mancanza di esperienza professionale lasciò gli ambiziosi progetti di un quartetto, una sinfonia e un’opera allo stadio embrionale. Con questa labilità psicologica e caratteriale non desta sorpresa che Haas, arrivato a Terezín si lasciasse andare ad un’apatia distruttiva. Fu solo per merito delle sollecitazioni di Gideon Klein (altro compositore di Terezín non presentato nel cd) e di Karel Ancerl che si decise a scrivere dei brani tra cui il bellissimo ciclo “Quattro canti su poemi cinesi” composti tra il febbraio e l’aprile del 1944, che esprimevano solitudine, nostalgia e la speranza di un felice ritorno a casa.
L’ultimo autore presente nel cd è allo stesso livello artistico di Viktor Ullmann, di cui si è parlato precedentemente, ma al contrario degli altri compositori non soggiornò a Terezín, anche se il suo destino non fu diverso da quello degli altri di cui si è parlato finora. Forse proprio a causa dello spessore significativo della sua arte lo si è voluto proporre con una composizione per violino solo del 1927.
ERWIN SCHULHOFF (Praga 1894 – Wulzburg 18 agosto 1942) fu un bambino prodigio, musicalmente parlando. Studiò composizione con Max Reger al Conservatorio di Lipsia (precedentemente era stato allievo di Claude Debussy) e questo lasciò un’impronta decisiva sulla sua arte, che lo portò a vincere diversi premi di composizione nei suoi giovanili anni di apprendistato. I suoi modelli furono Schumann, Brahms, Dvorak e successivamente Grieg, Scriabin e Richard Strauss. Con il maturare dei suoi orizzonti artistici Schulhoff si interessò all’Espressionismo avvicinandosi all’atonalità e al serialismo, ma anche al dadaismo e al jazz. Nell’impossibilità di analizzare nel dettaglio la sua produzione artistica in questa sede, ci si può limitare a citare le sue otto Sinfonie e la cantata “Das Manifest” (Il Manifesto) ispirata all’omonimo testo di Marx ed Engels, che è di per sé esplicativa dell’impegno politico e civile del suo autore. Con l’avvento del nazismo in Germania, Schulhoff, ebreo e comunista, trovò sempre meno possibilità di lavoro e si ridusse in miseria. Tentò di emigrare sia all’Ovest sia in URSS, ma fu arrestato nel 1941 e deportato nel campo di concentramento di Wulzburg dove contrasse una tubercolosi polmonare che lo portò alla morte il 18 agosto 1942. Anche in campo di concentramento continuò a comporre, ma le sue due ultime sinfonie, la Settima e l’Ottava non poterono essere terminate.
Probabilmente non sono necessari ulteriori commenti a quanto sopra detto riguardo a questi compositori, trattandosi nella circostanza di una semplice nota relativa ad un cd. Ma una cosa salta all’occhio e merita una breve osservazione. Molti dei suddetti compositori non vanno studiati solo perché la umana pietas lo suggerisce. Non si tratta solo di sventurati accomunati da un destino tragico e orribile e come tali da ascoltare con compassione e commozione. Si tratta invece, nella maggior parte dei casi, di straordinari e valenti compositori, degni di essere avvicinati ai più grandi musicisti del XX secolo, e quindi da studiare nella loro complessità, nel loro contesto storico e culturale. Forse ciò non è stato fatto o non abbastanza. E’ necessario che la storiografia e la musicologia non contribuiscano, senza volerlo, a farli dimenticare più di quanto il nazismo non abbia voluto e non sia riuscito a fare. Il loro ri-cor-do, la loro rinascita passa attraverso la attualizzazione e la riscoperta delle loro opere.
NOTE AGGIUNTIVE
1.Segnalo una recentissima edizione di un dvd relativo ad un concerto dal vivo, con un programma similare, un documentario e interviste :
REFUGE IN MUSIC – MUSIK ALS ZUFLUCHT
Terezín – Theresienstadt
Including Documentary and Concert:
A Film by Dorothee Binding and Benedict Mirow
Anne Sofie von Otter · Daniel Hope – Christian Gerhaher · Bengt Forsberg – Bebe Risenfors
Alice Herz-Sommer · Coco Schumann
Int. Release 25 Oct. 2013
1 DVD-Video 0440 073 5077 5 DVD-VIDEO NTSC GH
CD: 0289 477 6546 2
STEREO: PCM / SURROUND: DTS 5.1 (Concert)
Picture Format: 16:9
Subtitles: English/German/French
A production of Nightfrog GmbH, on behalf of the
Bayerische Akademie der Schönen Künste
2.Oltre a Wikipedia suggerisco la consultazione, per chi fosse interessato, dei seguenti siti:
http://holocaustmusic.ort.org/
Per chi conosce il tedesco consiglio la consultazione di questo link: http://www.synagoge-voehl.de/Veranstaltungen/Archiv/theresienstadt/theresienstadt%20programm.pdf
La maggior parte delle opere composte in campo di concentramento è reperibile in cd presso
http://www.musikstrasse.it/index.php?target=kz
grazie alla meritoria opera del pianista Francesco Lotoro
3.Infine, indispensabile è il libro di Joža Karas: La musica a Terezín 1941-1945 (il melangolo 2011)