Pubblichiamo una scheda informativa, elaborata dal CPM, tratta da un interessante articolo apparso sul settimanale INTERNAZIONALE di settembre 2020. Riteniamo che possa essere utile avere qualche conoscenza in più, su argomenti all’ordine del giorno, in un periodo così difficile come questo che stiamo attraversando.
Buona lettura.
LE NOSTRE DIFESE MISTERIOSE
(Il Sistema Immunitario)
– Articolo pubblicato su Internazionale settembre 2020 ED Yong -The Atlantic-
Il sistema immunitario (S.I.) è probabilmente una delle cose più complesse del nostro organismo, al pari del cervello. Al suo interno c’è una rete intricata di cellule e molecole che ci proteggono dai patogeni che provano ad entrare nel nostro corpo, ma al tempo stesso devono essere in grado di autoregolarsi per non avere effetti controproducenti. Le domande che ci poniamo sulle nostre difese immunitarie, soprattutto in questa delicata fase di pandemia da Covid 19, sono molte, ad esempio perché alcune persone si ammalano gravemente ed altre no? Chi è stato contagiato potrà esserlo di nuovo? Il vaccino funzionerà e per quanto tempo? Domande a cui non è facile dare una risposta.
Cerchiamo intanto di capire come funziona, in breve, il S.I.
In presenza di una minaccia portata da qualsiasi patogeno, virus, batteri, funghi parassiti ecc., il S.I. si mette subito in moto producendo delle cellule chiamate CITOCHINE che a loro volta attivano un particolare tipo di LEUCOCITI (globuli bianchi) detti MACROFAGI che hanno il compito di distruggere l’intruso, fagocitandolo oppure bombardandolo con composti chimici che lo eliminano, altre cellule, chiamate INTERFERONI, ne impediscono la riproduzione. Questa è la prima fase, che ben conosciamo, perché il nostro corpo, quando c’è una infezione in atto, accusa dolori, febbre, rossori e malesseri vari, questo vuol dire che il S.I. sta funzionando. Questa prima risposta è immediata, generalmente inizia pochi minuti dopo l’ingresso del patogeno, e viene definita INNATA, è generica e ad ampio raggio d’azione, si rivolge contro qualsiasi cosa possa danneggiare l’organismo. Dicevamo che è una risposta rapida ma non specifica, se è sufficiente, l’infezione viene sconfitta e l’organismo torna presto alla normalità, ma se non è vincente scatta la seconda fase, quella che mette in campo gli specialisti: i LINFOCITI T e B, particolari tipi di leucociti. Durante la battaglia, in corso nella prima parte, alcuni macrofagi catturano una piccola parte di
materiale del patogeno e lo trasportano ai linfociti, diciamo così, per farlo “analizzare”. Una volta riconosciuto il materiale, i linfociti si attivano secernendo le citochine, di cui abbiamo parlato prima, e si cominciano a produrre i linfociti T specifici, destinati a distruggere quel particolare tipo di patogeno.
Per ogni nuovo virus che si presenta, c’è in teoria un linfocita T in grado di combatterlo. Il problema è individuare, in tempi brevi, quello giusto. Alcuni linfociti T sono programmati per distruggere le cellule infettate, sono detti Natural Killer, altri invece vengono chiamati Helper perché attivano i linfociti B che producono gli anticorpi, piccole molecole che neutralizzano definitivamente i virus.
I linfociti T, B e gli anticorpi, fanno parte del S.I. ADATTIVO o ACQUISITO, più preciso di quello innato ma più lento, trovare ed attivare le cellule giuste può richiedere molti giorni, capiamo bene quanto sia importante il fattore tempo in casi gravi come l’attuale pandemia. Una volta sconfitto l’aggressore, la maggior parte dei linfociti impegnati nella battaglia muore, ma una piccola parte rimane di guardia, sono gli anticorpi che devono mantenere la MEMORIA del patogeno sconfitto. Questa è la terza ed ultima fase che il
S.I. mette in campo, quella di conservare l’immunità contro tutto ciò di cui abbiamo sofferto.
RIASSUMENDO
1° FASE- SISTEMA IMMUNITARIO INNATO
2°FASE- SISTEMA IMMUNITARIO ADATTIVO
3° FASE- SISTEMA IMMUNITARO DI MEMORIA –> ANTICORPI
DIFESE IMMUNITARIE E COVID 19
Abbiamo visto, molto sinteticamente, come funziona il S.I., vediamo ora cosa succede quando il Sars-Cov 2 entra nel corpo umano. Generalmente la risposta è quella che ci si aspetta, ossia si attiva il S.I. innato, poi interviene quello adattivo. La maggior parte dei contagiati sviluppa un buon livello di linfociti T ed anticorpi specifici, ed il virus viene sconfitto. In altri casi le cose non vanno così, sembra che il Covid 19 inizialmente riesca a nascondersi, in questo modo sfugge all’attenzione del S.I. innato. Questo ritardo può essere fondamentale per il decorso della malattia, il virus riesce a replicarsi inosservato, se il S.I. innato è lento a mobilitarsi lo sarà anche quello adattivo. In altre circostanze è il S.I. adattivo che non funziona come dovrebbe, in questo caso si assiste inizialmente ad una buona produzione di linfociti T, ma il loro numero cala prima che l’infezione sia stata sconfitta. Questi malfunzionamenti dei due sistemi di difesa potrebbero favorire la migrazione del virus verso altre cellule del corpo umano, dall’apparato respiratorio potrebbero passare a quello renale o al sistema nervoso o gastrointestinale, aggravando ulteriormente il quadro clinico del paziente. Molte persone contagiate, dopo la fine della malattia, ci mettono settimane a smaltire il virus, altre invece nel giro di pochi giorni guariscono. Perché questo accade? Forse le prime sono entrate in contatto con una carica virale maggiore, forse il loro S.I. non funziona a dovere per l’età avanzata o per la concomitanza di altre patologie, ma non ci sono risposte certe a questi interrogativi.
La risposta immunitaria è per sua natura violenta, il suo scopo è distruggere le cellule infette, rilasciando spesso sostanze chimiche dannose, questa azione dovrebbe essere limitata nel tempo e mirata, ma se invece si prolunga può avere effetti collaterali pesanti per l’organismo. E’ proprio quello che sembra accadere nei casi più gravi di Covid 19, se non si riesce ad eliminare il virus rapidamente, il paziente rischia di subire danni sia dall’infezione virale che dal proprio S.I. Questo tipo di reazioni immunitarie eccessive si possono avere anche con i casi gravi di influenza, ma nel Covid causano danni maggiori. L’unica certezza che abbiamo è la grande varietà di episodi che caratterizza l’attuale pandemia.
Non sappiamo ad esempio perché molte persone, dopo la sconfitta del virus, soffrano per mesi di sintomi debilitanti. Il S.I. dei bambini sembra rispondere meglio agli stimoli, si attiva immediatamente sia quello innato che quello adattivo, mentre per le persone anziane pare che ci voglia più tempo, soprattutto per produrre i linfociti T specifici, questo ritardo fa naturalmente avanzare la malattia.
Altro aspetto interessante è quello relativo ad un ragguardevole numero di persone in cui sono stati trovati i linfociti T in grado di riconoscere il virus, pur non essendo mai stati contagiati. Queste cellule vengono definite” CROSS REATTIVE, si sono formate quando questi individui sono venuti in contatto con altri tipi di coranavirus meno aggressivi. Questo non vuol dire che abbiano sviluppato una immunità al Covid 19, hanno però il vantaggio di produrre in tempi rapidi i linfociti giusti, sviluppando una forma lieve della malattia. Altra incognita da chiarire è cosa succede dopo essere stati contagiati, possiamo esserlo di nuovo? Difficile dare una risposta, anche perché al momento la maggior parte della popolazione non è stata colpita, per cui la percentuale di reinfezione è bassissima se non addirittura nulla. Alcune presunte reinfezioni, sono avvenute dopo mesi di buona salute, però bisogna ricordare che il materiale genetico virale (rna.m) può rimanere a lungo in circolo e le persone possono risultare positive per un lungo periodo pur non avendo più il virus. In una situazione del genere, se un individuo prendesse una banale influenza e facesse nuovamente il test per il Covid, risulterebbe positivo e l’influenza sarebbe scambiata per una reinfezione. E’ difficile dare risposte certe, per essere sicuri avremmo dovuto sequenziare il genoma virale nella prima infezione, e fare lo stesso nella seconda, solo in questo modo avremmo capito di essere di fronte a due virus diversi.
Per quanto riguarda il vaccino, sappiamo che ci sono circa 200 lavori in corso per arrivare alla produzione, una delle domande che tutti ci poniamo è: quanto tempo durerà l’immunità?
Uno studio di alcuni ricercatori britannici (luglio 2020) ha rivelato che molti pazienti perdono buona parte degli anticorpi dopo pochi mesi. Questo è abbastanza normale, durante un’infezione gli anticorpi vengono prodotti da due diversi tipi di linfociti B, il primo gruppo entra in gioco rapidamente ed ha vita breve, scatena una violenta battaglia contro il virus e poi muore. Il secondo gruppo è più lento ma dura più a lungo ed è quello deputato a mantenere la memoria del patogeno. Molti pensano che sia importante solo la quantità di anticorpi, mentre invece è la qualità quella che conta. Molti pazienti, guariti dal Covid, hanno un numero complessivo di anticorpi neutralizzanti basso, ma agiscono molto bene bloccando la replicazione virale. Le esperienze passate con altri coronavirus ci mostrano che la durata dell’immunità è variabile, va dai due anni circa, per chi ha contratto la Mers e Sars, coronavirus molto aggressivi, per quelli meno virulenti come quello del raffreddore è all’incirca di un anno, possiamo ragionevolmente supporre che anche per il Covid 19, la durata dell’immunità si collochi all’interno di questi parametri.
Per concludere il S.I. è estremamente complesso, ma anche affascinante e molto concreto, la nostra società dovrebbe imparare dal suo comportamento. Si prepara in anticipo ad affrontare i problemi, è sempre in allerta, una volta incontrato un nemico lo studia e non lo dimentica, fa tesoro del suo passato, per non farsi trovare impreparato alla prossima occasione, ha sempre molte riserve nel caso in cui uno dei suoi strumenti fallisca.
Meditate….