Un traduttore italiano delle opere di Marx e di Engels
Pasquale Martignetti divulgatore
«Una nazione può e deve trarre un insegnamento dalla storia di un’altra nazione, dice Marx nella prefazione al Kapital. E’ mia intima convinzione che i socialisti d’Italia possano apprendere molto dai socialisti più progrediti e disciplinati della Germania, fortunati di aver avuto a guida del loro movimento giganti del pensiero umano della forza di Marx e di Engels» (in “La Giustizia”, 12 gennaio 1890).
Questa l’idea-forza che accompagnerà per tutta la vita l’opera di Pasquale Martignetti. Da essa: la dedizione totale, appassionata e tenace nelle avversità, all’attività instancabile di traduttore e divulgatore delle opere dei maestri del socialismo, convinto com’era che all’opera di emancipazione dell’allora ancor giovane classe operaia italiana occorresse soprattutto la conoscenza del metodo scientifico del materialismo storico.
Da democratico a socialista
Pasquale Martignetti nasce a Benevento il 27 luglio 1844 da una modesta famiglia di negozianti. Perduto il padre in tenera età, primo fra sei fratelli, inizia a lavorare abbandonando gli studi alla quarta elementare.
Nel 1867 diviene copista dell’archivio notarile cittadino e di lì a poco si sposa con una maestra elementare, dalla quale avrà due figli.
Di tendenze democratiche, nel 1877 inizia a collaborare al settimanale milanese “La Plebe”, per il quale, l’anno dopo, redige delle corrispondenze sul processo celebrato a Benevento contro gli internazionalisti-libertari della “Banda del Matese”.
Sempre nel 1877 acquista dalla Biblioteca di propaganda della “Plebe” una traduzione francese del primo volume del “Capitale” di Marx. E’ la svolta.
“Le ore più belle”
Lo studio di questo «mi convertì al socialismo», confiderà anni dopo, il 21 gennaio 1887, in una lettera ad Engels. Lo studio lo occupa a lungo, se ancora nel 1883, agli inizi della sua relazione epistolare con Engels, poteva scrivere che «la lettura del Capitale e quella dell’Economie politique di Cernysevskij assorbe quasi tutto il mio tempo disponibile» (25 giugno 1883).
Lo studio lo «assorbe completamente» e da esso non si «staccherebbe mai». «Le assicuro sinceramente – scrive ancora ad Engels il 10 maggio 1886 – che le ore piu belle della mia vita sono quelle passate nello studio dei suoi impareggiabili lavori».
Non solo fine a se stesso era però il leggere per Martignetti. Dalla comprensione del Capitale di Marx coglie l’opportunità di stabilire il suo compito specifico all’interno del movimento operaio: ossia quello di contribuire all’arricchimento dell’ancor così scarsa coscienza teorica del socialismo italiano. Lo spiega ad Engels in una lettera del 22 agosto 1883: «La lettura in francese della vostra eccellente opera “Socialismo utopistico e socialismo scientifico” mi ha fatto nascere il desiderio di propagandarlo in Italia dove il Socialismo scientifico e ancora così poco conosciuto».
Finito il lavoro nello stesso anno, lo fa stampare a sue spese in duemila esemplari. Nel 1885 traduce e da alle stampe “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” e, l’anno dopo, “Lavoro salariato e capitale”.
Dall’esordio, nel 1880, quando traduce dal francese alcuni capitoli della “Histoire du socialisme” di Benoit Malon, alla fine della sua vita, sono innumerevoli gli articoli, i saggi, i libri dei maestri del socialismo internazionale, da lui tradotti e diffusi nel movimento socialista italiano.
A scuola di lingue
A tal fine, quasi quarantenne, intensifica lo studio del tedesco; l’inglese inizia a studiarlo a cinquant’anni circa. Per far cio chiede lumi ad Engels che, il 22 agosto 1883, così gli risponde: «Per imparare una lingua, ecco il metodo che ho sempre seguito: non occuparmi di grammatica (eccetto le declinazioni e le coniugazioni ed i pronomi) e leggere, col dizionario, il più difficile autore classico che potevo trovare. Così l’italiano l’ho cominciato col Dante, Petrarca ed Ariosto, lo spagnolo col Cervantes e Calderon, il russo col Puschkin. Poi ho letto giornali ecc. Per il tedesco, credo che la prima parte del Faust di Goethe potrebbe raccomandarsi; è scritta, per la maggior parte, in stile popolare, e le cose che Le parrebbero difficili, lo sarebbero ugualmente, senza commentario, per un lettore tedesco».
Il rapporto epistolare con Engels, che si protrarrà regolarmente e senza interruzioni fino alla morte di questi nel 1895, è il grande avvenimento della sua vita.
«Parla di voi come del suo Iddio», scriverà Antonio Labriola ad Engels il 22 agosto 1894. E’ una metafora, ma rende l’idea.
Il maestro lontano
Maestro del socialismo internazionale, Engels diviene per Martignetti il punto di riferimento costante della sua grande passione politica ed intellettuale. Non solo. Engels rappresenta anche il compagno cui rivolgersi per un consiglio ed un aiuto nelle continue vicissitudini della vita. Aiuti o suggerimenti che Engels, grande perchè saggio, non farà mai mancare.
«Non dimentico ciò che ella ha fatto per il diffondimento delle nostre idee e dei miei scritti in Italia», gli scrivera il 26 gennaio 1887 quando, ingiustamente accusato di peculato, in realtà a causa delle sue posizioni politiche “sovversive”, Martignetti incorrerà nella persecuzione giudiziaria.
E’ l’inizio di un lungo e difficile periodo della sua vita. Condannato a tre anni di carcere e perso il posto di lavoro, non sarà abbandonato dal maestro lontano. Engels interesserà infatti Antonio Labriola che gli procurerà la difesa legale dell’avvocato socialista Vittorio Lollini. Col concorso di questi, nel 1890, è assolto dalla Cassazione di Roma.
Ciononostante, Martignetti continuava tenacemente la sua opera di traduttore e di diffusore del marxismo. Non sempre agevolato, e anzi spesso osteggiato dai ristretti ed arretrati ambienti del socialismo italiano di quegli anni.
Il fastidio per la teoria
Con l’approssimarsi del Congresso di Genova, Martignetti, sperando che questo «ponga davvero le basi del partito operaio socialista italiano», intensifica la sua attività di diffusore del marxismo. Traduce ed invia numerosi saggi a “La Giustizia” di Reggio Emilia, a “La Lotta” di Cesena, al “Socialismo popolare” di Venezia e alla “Critica sociale”, la rivista milanese di Filippo Turati.
Costituitosi il partito, le cose si complicano però nuovamente. Da una parte è colpito dalla repressione che coinvolge tutto il socialismo italiano nel 1894, subendo un nuovo processo “per eccitamento alla guerra civile”, dall’altra incontra una resistenza via via crescente a farsi ospitare sulle colonne della “Critica sociale”. Di ciò si lamenta con Engels in più occasioni: «non sempre riesco a far pubblicare le mie povere traduzioni. Sono parecchi anni che ho mandato a Turati varie traduzioni tra cui: quella della “Origine della famiglia ecc.” completata sulla 4ª ediz. tedesca; dello “Student’s Marx” di Aveling»(6 settembre 1894). «Ma è un pezzo che la Critica non pubblica più le mie povere traduzioni. Per quante premure avessi fatte a Turati… non mi è riuscito di far pubblicare nella Critica la traduzione dei due capitoli del 3° vol. del Kapital che io mandai a Turati sin dall’agosto ultimo. La stessa sorte ha avuto un mio riassunto della bella recensione di Bernstein sulla di Lei Umwalzung ed altre traduzioni di scritti suoi e di Lafargue» (16 dicembre 1894).
Secondo Ernesto Ragionieri la ragione di questa opposizione «consisteva soprattutto nel fatto che Turati intendeva subordinare i tempi e le forme della diffusione del marxismo in Italia ai momentanei interessi tattici del partito di recente fondato» (E. Ragionieri, “Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani 1875-1895”, Feltrinelli, 1976).
Con la morte di Engels, Martignetti eleva a suo interlocutore privilegiato Karl Kautsky, da lui ritenuto il continuatore fedele e leader teorico della socialdemocrazia tedesca.Nuovamente insiste a lungo presso Turati affinchè vengano pubblicate traduzioni delle opere del teorico tedesco, ma ancora una volta la risposta è negativa.
In costanti condizioni di miseria e di malferma salute (perdette anche la vista per un certo periodo), Martignetti continua purtuttavia nella sua intensa attività.
Quando, con lo scoppio della prima guerra mondiale, la maggioranza dei socialisti beneventani si schiera a favore dell’intervento, Martignetti capitalizza i frutti di una lunga educazione politica fondata sulla teoria, collocandosi risolutamente su posizioni internazionaliste. Con alcuni giovani dà vita anche al giornale antiinterventista “L’Avvenire”, di cui riuscirà però a pubblicare solo due numeri.
Durante la guerra traduce gli articoli di Marx ed Engels sul socialismo italiano da poco scoperti dal Rjazanov, biografie di Engels, di Wilhelm Liebknecht, di Vicktor Adler e di Petr L. Lavrov; saggi di Lafargue e Trotsky, nonchè gli articoli di Engels su “Rivoluzione e controrivoluzione in Germania”. L’incendio della sede dell”’Avanti!”, provocato dagli arditi il 15 aprile 1919, distruggerà molto di questo materiale ivi custodito, che solo in parte vedrà quindi la luce nella rivista “Compagni”, dopo la fine della guerra.
Nell’immediato dopoguerra, nonostante la perdita della moglie e l’aggravamento delle sue condizioni economiche, Martignetti continua con entusiasmo l’attività politica. Aderisce alla frazione massimalista del PSI, e pensa anche ad una candidatura parlamentare. Interessanti, a tal proposito, sono le considerazioni da lui espresse a Felice Anzi, in una lettera del 22 agosto 1919: «Se sarò eletto mercè vostra e di altri buoni amici, non andrò a fare il ciarlatano in Parlamento, ma utilizzerei la gratuita e libera circolazione sui treni per diffondere e gridare (strillonare) in quelli di 3ª e 4ª classe, dove esistano, l’”Avanti!” e le Dottrine del Socialismo scientifico moderno e per contribuire ad affrettare così anche in Italia l’avvento del socialismo».In questi anni riprende anche la corrispondenza con Kautsky ma, quando apprende le posizioni denigratorie verso la Rivoluzione russa da questi espresse, non esita a troncare ogni rapporto.
“Fedele traduttore”
Con fermezza e dignità così si esprime in una lettera a Kautsky nel 14 febbraio 1920: «Egregi amici, imparai dalla “Neue Zeit” a conoscere ed apprezzare l’alto valore intellettuale di Trotskij, Radek ed altri seguaci di Lenin di cui, specie del primo, sono tuttora entusiastico ammiratore e scritti dei quali avevo già tradotti ed erano già stati pubblicati quando mi giunse “Terrorismo” (“Terrorismus und Kommunismus”, il libro di Kautsky contro i bolscevichi) che io non potevo tradurre senza contraddirmi»; se ci sarà un ravvedimento e cesseranno questi nostri dissensi, prosegue Martignetti, «sarei lietissimo di poter continuare ad essere il vostro modesto ma fedele traduttore».
Un non frequente esempio di saldezza d’animo e di principi. Per la seconda volta, dopo l’esperienza della guerra, di fronte ad un nodo cruciale della lotta di classe, Martignetti seppe collocarsi dalla parte giusta, anche se più difficile.
Vissuto per tutta la vita in provincia, in un paese pregnante di provincialismo anche nelle sue più grandi città, seppe darsi come pochi, anche fra i più illustri esponenti del socialismo italiano, una visione internazionalista ed internazionale dei problemi della lotta di classe.Umile, ma determinato nel compito che si era assunto, in un paese dove il massimalismo ed il conformismo ne scandiscono spesso alternativamente il tempo, seppe fare della difesa dei principi del comunismo un punto irrinunciabile, dopo essere stato per tutta la vita “solamente” un “fedele traduttore”.
Un mese dopo, il 16 marzo 1920, Martignetti moriva a Benevento di broncopolmonite